Ci sono alcune app che, per motivi di sicurezza, vengono bloccate sui device aziendali dalle compagnie. Vediamo perché e quali sono

Accade spesso, nel nostro mondo sempre più digitale e sempre più iperconnesso, che i dipendenti utilizzino WhatsApp sul telefono aziendale per comunicare e scambiarsi documenti con clienti e fornitori. Accade ancora di più da quando le compagnie hanno sposato la filosofia BYOD (Bring Your Own Device), che consiste appunto nel permettere ai lavoratori di usare i propri pc, smartphone o tablet per fini lavorativi.

Ecco quindi che scatta l’allarme sicurezza che va ad impattare, di rimando, anche sugli strumenti personali dei dipendenti, finendo per indagare su quali app vengono installate sui vari device e obbligando le aziende a creare delle vere e proprie “black list”, oltre a processi e protocolli che vietino l’utilizzo di alcune applicazioni per scambiarsi determinate informazioni. Queste liste nere sono gestite in base alle specificità di ogni azienda.

Nel suo report aggiornato Appthority ha rivelato quali sono le app Android e iOS che vengono più frequentemente bloccate in ambito aziendale. 

Sul podio troviamo WhatsApp che, ad esempio, ha l’onore di essere l’app più popolare sui dispositivi iOS utilizzati nelle imprese ma, allo stesso tempo, quella più frequentemente inserita nelle “liste nere”.

Questo perché il servizio utilizza una cifratura end-to-end (e cioè che mantiene le chiavi crittografiche direttamente sui device interessati) che quindi è molto sicura tuttavia, essendo una applicazione corporate, le aziende non hanno nessun controllo aggiuntivo e non possono quindi cancellare dati, rimuovere utenti dai gruppi o disabilitarne l’accesso.

Ciò fa sì che lo strumento sia quindi adatto per le comunicazioni interpersonali ma non per quelle lavorative, in cui vengono spesso scambiati anche documenti confidenziali.

Le prime app della lista per quanto riguarda il sistema operativo Andriod sono Facebook Messenger, Wrickr Me e Whatsapp, mentre per iOS abbiamo Facebook Messenger, Whatsapp e Tinder. 

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Da notare come lato iOS vengono bloccate in particolar modo le app che raccolgono informazioni e le trasmettono verso server remoti: tra i dati fatti propri ci sono SMS, liste dei contatti, informazioni sulla geolocalizzazione e altro ancora. 

Appthority ha anche accertato che la maggior parte dei dati raccolti dalle app non viene dirottata verso server cinesi o russi, come molti si aspetterebbero, ma invece verso gli Stati Uniti. 

Le conseguenze di queste restrizioni lasciano qualche dubbio sull’effettiva efficienza del BYOD e soprattutto lasciano il rischio che i dipendenti, se non correttamente formati in ambito di sicurezza informatica, ricerchino soluzioni di comunicazione istantanea alternative, che potrebbero dimostrarsi ancora meno protette.