La nuova legge antiterrorismo pensata dall’Unione Europea potrebbe favorire la censura

La nuova legge antiterrorismo pensata dall’Unione Europea potrebbe favorire la censura

Dopo la direttiva sul copyright l’UE sta predisponendo una nuova legge che andrà a colpire la propaganda terroristica sul web. Il poco tempo a disposizione delle piattaforme per eliminare i contenuti potrebbe però favorire la censura

Dopo la direttiva sul copyright approvata lo scorso 12 settembre il Parlamento Europeo sta predisponendo una nuova legge che punta a colpire la propaganda terroristica sul web.

Nonostante le nobili intenzioni sembra però che la legge possa, almeno in questa fase, favorire la censura.

Ma partiamo dall’inizio. 

Innanzitutto per “contenuto terroristico” si intendono “i contenuti online che si riferiscono a materiale e informazioni che incitano, incoraggiano o sostengono reati di terrorismo, forniscono istruzioni su come commettere tali crimini o promuovono la partecipazione ad attività di un gruppo terroristico. Tale materiale potrebbe includere testi, immagini, registrazioni audio e video”, come specificato dallo stesso comunicato.

Per come è stata presentata la scorsa settimana dai membri della Commissione Europea, a margine della plenaria del Parlamento di Strasburgo, questa legge prevede un meccanismo che dovrebbe cancellare i contenuti inneggianti al terrorismo entro un’ora dalla pubblicazione.

Questo significa che la responsabilità della rimozione dei contenuti ricadrebbe completamente sulle piattaforme che li ospitano (i vari social network come Facebook o Twitter ma anche i servizi di hosting e lo stesso Google) e che per farlo queste società avrebbero solo un’ora di tempo. In poche parole: una volta che un’autorità europea segnala alla piattaforma un contenuto potenzialmente a sfondo terroristico, la piattaforma ha 60 minuti di tempi per cancellarlo.

Le sanzioni previste per l’inadempienza inoltre sono molto salate. La legge prevede, sulla scia del GDPR, multe salatissime che possono arrivare fino al 4% del fatturato mondiale dell’azienda.

Anche l’ambito di applicazione è lo stesso del GDPR: come per il Regolamento sulla protezione dei dati infatti la legge è valida per i contenuti pubblicati in tutto il mondo, che arrivino ai cittadini dell’Unione Europea.

Insomma, l’UE chiede ai provider di essere proattivi ed eliminare i contenuti dannosi in un tempo molto ristretto. 

Ma a cosa potrebbe portare questa restrizione? 

Prima di tutto i più critici sostengono che uno degli scenari più probabili sia un forte potere di censura, anche preventiva, che le piattaforme inizieranno a esercitare sui contenuti. Avendo poco tempo per rimuovere quelle che sono solo segnalazioni e per evitare pesanti sanzioni, è plausibile che verranno studiati algoritmi per la cancellazione quasi istantanea e che quindi non ci sarà una reale valutazione del contenuto (questo anche a discapito di quelle cose che gli algoritmi non possono, per ora, capire, come ad esempio l’ironia).

Sempre nella stessa direttiva il Parlamento ci informa che sono in procinto di essere studiate anche altre riforme, volte a controllare il comportamento online degli utenti, che riguarderanno: l’abuso sessuale sui minori, la promozione di prodotti contraffatti e il discusso “hate speech”, già al centro di molte battaglie.

Quello che appare è che l’Europa stia cercando di regolamentare quella che è sempre stata la “terra di nessuno”: internet.

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